INDAGINE CONFAPI: RISULTATI POSITIVI I SEMESTRE NONOSTANTE AUMENTO COSTI

Aumento significativo dei costi di produzione e delle materie prime, livello occupazionale stabile ma anche incremento della produzione e degli ordini. Sono questi alcuni dei dati più significativi che emergono dall’indagine interna realizzata dall’Ufficio Studi Confapi sul primo semestre 2023.

Il 52,8% delle imprese Confapi ha registrato un incremento della percentuale di produzione e quasi il 51% ha indicato un aumento dei volumi di fatturato. Circa il 42% delle aziende indica di aver registrato un aumento degli ordini a fronte di un 30,6% che ne registra una flessione. La quota maggiore di aumento degli ordini è data dal mercato interno +37,02%, mentre le quote Ue e Extra Ue si attestano al 13,22% e 9,3%. A trainare l’economia è sicuramente il mercato interno. Il 41,60% dichiara da aver aumentato il proprio fatturato proprio all’interno dei confini nazionali e il 16,25% dichiara di averlo aumentato oltre il 10%. Il 17,46% dichiara di aver incrementato la quota di fatturato totale grazie al commercio estero Ue mentre il 10,66% con quello extra Ue.  

In aumento, però, anche i costi della produzione che sono lievitati per il 75,73% delle imprese intervistate dovuti principalmente all’aumento dei costi dei prodotti energetici (+45,04%) e delle materie prime (+51,08%). Per quel che riguarda i prezzi di acquisto dei materiali necessari alla produzione aziendale, il 57,58% registra un aumento nel primo semestre del 2023. Il 16,53% dichiara che gli aumenti sono stato maggiori del 10%, il 15,43% tra il 5% e il 10%, mentre il 15,70% tra il 3% e il 5%.

Il 60,23% delle Pmi ha dichiarato di aver riconosciuto ai propri dipendenti fringe benefit. Di questi, il 51,72% fino a 500 euro, il 28,57% da 500 a mille euro, l’11,33% da mille a duemila euro e il solo 8,37% da 2mila a 3mila euro. Il 66,24% dei dipendenti delle piccole e medie industrie private ha beneficiato del taglio del cuneo fiscale riservato ai redditi fino a 35mila euro.

Per quanto riguarda i livelli occupazionali, nel primo semestre 2023 il 51,8% degli imprenditori ha dichiarato di aver mantenuto livelli stabili, mentre il 34,25% ha aumentato la forza lavoro e il 13,95% l’ha ridotta. Tra le tipologie contrattuali maggiormente utilizzate tra le imprese che hanno assunto – 34,25% del campione – risulta esserci il contratto a tempo indeterminato utilizzato dal 75,71%. Il contratto a tempo determinato è stato utilizzato invece dal 57,86% delle imprese e infine l’apprendistato dal 39,29%. Infine c’è una percentuale del 13,57% tra quelli che hanno incrementato la forza lavoro che dichiara di aver fatto ricorso a tirocini, a stage o a contratto con agenzia interinale. Tra le cause di diminuzione della forza lavoro riportate dalle imprese che hanno ridotto il personale, pari al 13,95% del campione, vi è il fenomeno delle dimissioni volontarie. Un’azienda su cinque infatti dichiara di aver avuto nel primo semestre del 2023 dimissioni di personale: l’81,72% tra uno e tre dipendenti mentre il 12,37% tra tre e cinque dipendenti.

Nel primo semestre dell’anno il 25,76% delle aziende ha mantenuto stabile la quota di investimenti rispetto al trimestre precedente. Il 23,73% degli intervistati dichiara di aver investito di più a fronte di una percentuale consistente di imprese – il 50,51% – che ne ha diminuito le quantità.

Lo studio è stato condotto attraverso interviste mirate a un campione rappresentativo di 2mila imprese che aderiscono al sistema della Confederazione dislocate sull’intero territorio nazionale. Il campione è costituito prevalentemente da industrie manifatturiere dei settori della meccanica, della chimica, del tessile, dell’edilizia, dei trasporti, dell’agroalimentare e dei servizi e multiservizi.

L’indagine raccoglie informazioni sui principali indicatori economici aziendali quali la produzione, gli ordini, il fatturato, gli investimenti, l’occupazione e altre variabili economiche sulle piccole e medie industrie private italiane sul primo semestre del 2023 e sulle aspettative del secondo.